Il debito e le illusioni

Quasi tutti brindano al fatto che la Germania abbia deciso di aumentare il debito pubblico, cambiando la sua prassi sul freno all’indebitamento. Ma c’è davvero da brindare? Non proprio. La locomotiva economica europea è arrivata a questo passo non sulla base di una tranquilla valutazione, bensì sotto il fardello di un contesto internazionale che è complicato per tutti ma in particolare, in Europa, proprio per la Germania. L’estrema urgenza con cui la questione è stata trattata a Berlino ha segnalato sì la necessità di far passare subito in Parlamento il cambiamento, per evitare che venisse bloccato in seguito, ma anche la pesantezza dell’attuale quadro geopolitico.
Già a questo punto si può dire che festeggiare non è esattamente la cosa giusta, visto che quanto sta avvenendo è frutto di un contesto duro. Ma non è tutto, perché la mossa tedesca sul debito pubblico, se interpretata per il verso sbagliato, potrebbe prestarsi a imitazioni che avrebbero un impatto molto negativo sugli assetti economici e finanziari. In emergenza, la Germania attua un cambiamento che è discutibile ma che è comunque reso possibile dal fatto che Berlino ha avuto sin qui un debito pubblico contenuto. C’è spazio oggi per un aumento dell’indebitamento tedesco perché prima questo è stato a lungo frenato. Proviamo a pensare cosa potrebbe accadere se Paesi dal debito pubblico già molto elevato si mettessero in testa di imitare - a modo loro - la mossa tedesca. Ampie turbolenze per i singoli Paesi, ma anche per i mercati più in generale, sarebbero tra le più che probabili conseguenze.
Il rischio che riprendano forza illusioni mai spente c’è e va valutato. Oggi ricomincia a volteggiare soprattutto l’illusione che tutti i problemi di crescita economica si possano risolvere spendendo ancor più soldi pubblici e aumentando di molto l’indebitamento pubblico. L’esperienza mostra che i vantaggi, nei Paesi già sviluppati, di spese pubbliche ancora più larghe possono aiutare soprattutto a superare fasi di emergenza (come la recente pandemia). Al di fuori di queste fasi possono pure dare vantaggi temporanei ma non possono, nel lungo periodo, rendere realmente più solidi i sistemi Paese. Anche perché, fattore non unico ma rilevante, c’è l’onere del maggior debito pubblico, che si traduce in interessi da pagare, che come si è visto in molti casi possono diventare ingenti. Spendere troppo in interessi significa ostacolare il fatto che più risorse vadano alla crescita economica. Da tutto ciò, anche, deriva la necessità di tenere basso l’indebitamento nelle fasi normali e di tornare a ridurlo una volta che l’emergenza sia finita. La Svizzera ha fatto bene ad affrontare la pandemia con un aumento del debito pubblico, ma ha fatto altrettanto bene a tornare poi a ridurlo, tenendosi stretto il suo freno all’indebitamento.
La Germania potrebbe quest’anno ritrovare una moderata crescita, dopo aver però registrato due anni di recessione. Il Paese è stato colpito più di altri dal ridimensionamento dei rapporti con la Russia e dalle tensioni tra Occidente e Cina. È colpito più di altri anche dalla transizione del settore auto, dalla guerra dei dazi varata dal presidente USA Trump, dalla necessità di un riarmo. Degli investimenti per circa mille miliardi di euro del pluriennale piano tedesco per infrastrutture e Difesa, vedremo poi quanti realmente saranno fatti. Si tratterà comunque di centinaia di miliardi. Molti vedono in questo uno stimolo non solo per la Germania ma per l’Europa. È possibile che ci sia per un po’ un effetto di questo tipo. Occorre però ricordare che qualcuno dovrà pagare il debito aggiuntivo. La Germania ha ora un rapporto debito pubblico/PIL del 62%, alcune stime indicano che salirà a circa l’80%. Discutibile, ma non stratosferico. Se Paesi come il Giappone (251%), l’Italia (136%) o gli stessi USA (121%) facessero salire di molto i loro già alti indebitamenti, ci potrebbero essere invece scossoni rilevanti. Meglio frenare, nonostante tutto, le spinte eccessive al debito.